La prospettiva dei fiori

Non porta didascalie la prima foto del post: è già piuttosto chiara di suo.
Oggi – non pioveva ancora – ho trovato sul ciglio della strada questo mazzo di fiori di campo ben legati, come fosse un fresco dono d’amore, o forse d’amicizia, caduto per sbaglio dalle ingombre mani di chi lo recava.
Era quasi di fronte all’ingresso di casa mia, fra la ruota di un’automobile parcheggiata (non di mia proprietà, ci tengo a precisare) e il marciapiedi.
Tornavo dai miei rapidi giri del mattino, forse un po’ troppo malinconici in queste giornate spente di luce.

Io sento molto la mancanza della luce: il mio umore va letteralmente in tilt. Ho subito iniziato a favoleggiare sull’antefatto: chi aveva potuto raccogliere un mazzo così gentile e armonioso e poi abbandonarlo in quel luogo, e perché?

Sembrava davvero un abbandono involontario. Qualcuno che, dopo aver parcheggiato, doveva essere sceso dalla macchina con una borsa, forse anche una valigetta, reggendo varie scartoffie oltre ai pensieri mattutini, per correre al lavoro: un giovane impiegato di qualche ufficio del centro, forse?, che nella fretta di timbrare in orario e di non dimenticarsi niente si sarà lasciato scivolare il prezioso dono da recapitare ad una altrettanto fresca e tenera collega. Una dichiarazione d’amore floreale declinata nella modalità più incantevole e spiazzante, quella dei fiori spontanei, quelli che non ci aspetterebbe certo dal guidatore di un BMW, ammesso che il proprietario di quella ruota (e delle altre tre, facciamo quattro compresa quella di scorta) possa essere la stessa persona che avrebbe dovuto omaggiare la sua bella in maniera così romantica. Peccato davvero che il tutto, dichiarazione e omaggio, sia scivolato dalle sue mani senza arrivare mai a destinazione. Quando se ne sarà accorto il Nostro? Durante il tragitto, senza poter avere il tempo di ripercorrere i suoi passi per cercare il mazzolino perduto, oppure già ampiamente giunto a destinazione?

E se invece di un giovane si fosse trattato di una persona più matura?
Un uomo già sulla cinquantina, con una posizione, che forse si sposa meglio all’idea della macchina di lusso rispetto al giovane travet magari spiantato, con in mente tutto al mattino appena alzato tranne che andar per campi a raccogliere papaveri e margherite per un amore segreto? Un uomo che conosce già abbastanza la vita, e il cosiddetto gentil sesso, e forse – dopo tanti amori falliti, pretenziosi e capricciosi – ha conosciuto finalmente una donna semplice, e delicata come un fiore di campo: una commessa? La nuova signora delle pulizie dell’ufficio? e non sa come altro dirle che si è perdutamente innamorato di lei?

E se invece fosse stato un bambino, nel giorno del compleanno della sua maestra del cuore, a perdere il fresco involto?

Chi lo sa. Perché poi dovrebbe trattarsi necessariamente di un pensiero rivolto da un uomo ad una donna? Non potrebbe essere il contrario? O di una ragazza ad una sua amica, per chiederle scusa per il litigio che le sta dividendo da giorni?
E se invece fosse un segno per me? Dai miei personaggi, perché li sto trascurando un pochino per altre faccende? Ecco, vedi? Siamo così. Come dei fiori raccolti nel pieno della lucentezza, e che poi hai abbandonato per rincorrere come al solito altre strade.
No, miei cari. Non vi ho abbandonati. Sto solamente riflettendo sulla maniera più opportuna di “lanciare” le vostre storie, e questo blog che – essendo ancora molto giullaresco, non pare avere né capo né coda né organizzazione cronologica. Devo dargli una sistemata, e vi assicuro che poi torneremo all’opera meglio di prima.

Margherite al Castello di Belforte

Ma… se invece fosse, come credo sia, la mia Varese a sentirsi trascurata da chi dovrebbe prendersi cura di lei nelle piccole cose?
La città fiorita, come veniva chiamata nella prima metà del Novecento, memore del retaggio liberty che le aveva impresso un’aura unica al mondo, ma anche della preziosa fama lasciatale dai meravigliosi Giardini del Duca, dalla passione floreale di Luigi Sacco (ne parleremo: amava in particolare le camelie), della Scuola Agraria del cavalier Pontioggi così abbandonata ad un destino di decadenza ingloriosa.

(un articoletto di giornale del 1938)

I fiori si riprenderanno i loro spazi, certamente. Ma di spazi dignitosi ai fiori non ne mancano di certo, mentre invece la dignità perduta alla Città dei Fiori chi potrà farla rifiorire, se invece che occuparsi del suo decoro nelle piccole cose i nostri amministratori pensano sempre e solo ad imbastire cantieri per grandi opere, dimenticandosi che una città va osservata anche e soprattutto dalla prospettiva di un fiore?

2 risposte a “La prospettiva dei fiori”

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