Una maestra pendolare degli anni Trenta. Continua la storia di Flora, con una sorpresa.

Il giardino esterno agli archivi comunali, che dà sulla via XXV Aprile: bello e misterioso…

Ci sono giornate in cui ci si sente terribilmente sfiniti e si pensa di aver sbagliato tutto nella vita. I motivi della stanchezza psicologica possono essere molteplici: direi che dopo due anni come quelli che ci siamo appena lasciati alle spalle (speriamo) chiunque potrebbe sentirsi autorizzato a coltivare pensieri di frustrazione. In particolare quelli come me che per una serie di ragioni irrazionali fanno sempre mille cose assieme, aprendo mille gomitoli e intrecciando altrettanti fili nelle loro giornate, potrebbero pensare di essere particolarmente inconcludenti alla fine di un percorso in cui siamo stati trattati un po’ tutti quanti, soprattutto i cosiddetti “non particolarmente utili alla società” (tradotto: chi ha fatto della scrittura e dello studio le sue professioni), come schegge impazzite.

Stamattina, tornando in archivio comunale dopo due settimane di assenza (ho appuntamento fisso al mercoledì, ma settimana scorsa dovevo seguire un convegno sul Canzoniere Italiano di Pasolini), ero convinta di essere arrivata ad un punto morto nelle mie indagini su una storia varesina che mi ha preso il cuore da due anni, e sta portando le mie ricerche ben oltre la cerchia delle mura cittadine. Si tratta di un lavoro grosso che ho intenzione di perseguire con tutta calma, pochi frammenti alla settimana: eppure, se in un certo periodo la storia non mi chiama, inizio a diventare sospettosa.

in archivio, con il mio fedelissimo computer

Avrà cercato qualcun altro? Non credo. E allora perché non mi regala più segni, intuizioni, tasselli da assemblare?

Forse semplicemente perché quelli precedenti che hai trovato devono sedimentare e fruttare!, entra senza permesso nei miei pensieri una vocina tranchante senza nemmeno vestirsi di virgolettato. Eh già. Sei la vocina della coscienza sporca della scrittrice pigra e dispersiva? Precipitati in archivio – ribatte quella e smettila di piagnucolare. Hai dimenticato tutte le tue storie piccole? Flora l’hai abbandonata? Proprio lei che ti è stata vicina durante le chiusure (ti soffoca alla sola idea di pronunciarla quella parola abominevole: lockdown, ti do ragione), lei con la quale prendevi il caffè alla mattina presto salutandola dal balcone di casa, intuendo la torre della De Amicis fra gli alberi, perché con la DAD i tuoi figli avevano occupato tutte le stanze possibili e immaginabili e tu non avevi altro spazio vitale, appunto, se non il balcone? Proprio lei che ti ha condotto nella didattica a distanza temporale, che ti ha fatto viaggiare nella storia della scuola varesina, che ti ha fatto compagnia e ti ha consolata tutte le sante mattine mentre allestivi le aule domestiche e ti improvvisavi bidella per i tuoi figli che avevano per banco tutti i tavoli e le scrivanie presenti in casa, mentre a te rimaneva per lavorare solo la sedia mezza rotta sul poggiolo?

Non vuoi continuarla solo perché hai paura che un eventuale editore non te la pubblicherebbe più se la vedesse già lanciata sul blog? E pazienza! Hai capito che questa storia serve ai tuoi lettori (ok, più lettrici, diciamocelo, ma non solo!) adesso? Che si stanno appassionando adesso? Che stanno facendo tesoro adesso di queste povere righe che li trasportano altrove, fuori dalle angustie del quotidiano, come era successo a te a suo tempo?, e le storie mica servono solo a chi le trova e le scrive! Servono ai lettori, le storie: santo cielo!

(la cartella da cui si è materializzata Flora)

Ha ragione la vocina.

Caro lettore, mi scuso profondamente per aver interrotto bruscamente le pubblicazioni di una delle più belle storie che mi abbiano mai scaldato il cuore. Facciamo pace (mi chiede di dirtelo Flora, con la quale mi sono già scusata). Hai voglia di sapere cosa ho trovato stamattina in archivio comunale nella cartella 31, cat. IX? (e tu dirai: ma cosa mi interessano i riferimenti d’archivio? Beh, io te li devo dare, per scrupolo documentario, perché si fa così!)

Ho trovato una lettera di Flora. Una lettera indirizzata al Podestà Domenico Castelletti.

Andiamo per ordine. Colta da folgorazione mattutina mentre bevevo il primo caffè (ovviamente sul balcone augurando a Flora buon lavoro: le buone abitudini non si abbandonano mai) mi dico: ma ci saranno pure da qualche parte le cartelle delle pratiche individuali degli insegnanti di novant’anni or sono, relative a malattie, buste paga, assunzioni, trasferimenti eccetera. (Le scuole ai tempi erano di diretta pertinenza del Comune).

Detto fatto, in pochi minuti ho sul mio tavolo di lavoro – oggi quello doppio, stupendo, accanto alla finestra aperta che dà sul giardino: arrivavano in sala le dolci note dei violini del Manzoni – il materiale che mi serve. Mi passano sotto gli occhi le pratiche di tantissimi maestri dell’epoca, fra cui vedo il nostro Leopoldo Giampaolo e – finalmente – anche Flora, che prende, incredibilmente, a materializzarsi sotto ai miei occhi da quella anonima cartella variamente fascicolata!

La pratica di Leopoldo Giampaolo, assunto alle scuole comunali da tre anni, quattro mesi e otto giorni al dicembre 32

E gli atti che mi commuovono sono due: ma del primo vi dirò la prossima volta

Nel secondo è proprio la sua voce a parlare, in una lettera al Podestà, perché le concedesse di poter mantenere la residenza nella sua città natale, Milano, con la promessa che sarebbe sempre arrivata puntuale al lavoro. E allora, siccome so che state aspettando anche voi da tempo queste parole, vi lascio leggere questa lettera così come si è presentata a me verso le undici e mezza del mattino, all’improvviso, come se volesse dirmi: “Prendevo veramente il treno tutte le mattine… ”. E una carezza lieve e furtiva uscita dal tempo mi asciuga una lacrima.

(A Carla con infinita amicizia).

3 risposte a “Una maestra pendolare degli anni Trenta. Continua la storia di Flora, con una sorpresa.”

  1. Interessante ricerca sulla maestra Flora e su altri maestri di quell’epoca. Continua la ricerca per mettermi a conoscenza della sua vita scolastica.

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