La Madonna dimenticata del Castello di Belforte è in restauro

Vi ricordate quando, solo un mese fa, pensando alle battaglie per la memoria locale intraprese da Maud Ceriotti, scrivevo da queste pagine al Sindaco di Varese per chiedergli risposte sul Castello?
Ebbene, non pensavo di dover dare una notizia tanto importante, fondamentale direi per i miei lettori e per me che la sto scrivendo, commossa e abbastanza incredula, in modalità… di restauro.
E invece, per quella singolare dimensione che riguarda la mia scrittura, che si nutre di segni, lampi e illuminazioni, mi ritrovo a comunicare l’inizio dei lavori di restauro all’affresco quattrocentesco della Madonna del Castello di Belforte proprio in questa veste dimessa e provvisoria, di cantiere, esattamente come un cantiere in queste ore è tornato il maniero medievale che sorge sull’altura varesina che venne scelta dai Biumi, i governatori di Milano, per farne il loro quartier generale.

(Il Castello di Belforte nella sua porzione secentesca, ossia quella che i marchesi Biumi restaurarono da un precedente fabbricato in cui era presente il dipinto, scegliendola per magione. La Madonna si trova al pianoterra, all’ingresso)

Una notizia che mi è stata comunicata pochi minuti fa per telefono dal primo cittadino di Varese, Davide Galimberti, con la medesima commozione – lo posso scrivere? Lo scrivo! – con cui la sto riferendo io ora.

Da quanto tempo la aspetto? Da quanto avevo promesso ai belfortesi, ai varesini, a me stessa che sarebbe successo?
Era la fine del 2006 quando l’ultimo, precedente cantiere svelò dagli intonaci il misterioso dipinto, raffigurante una Vergine in trono con il Bambino, fra due santi: a destra Sebastiano trafitto nella classica iconografia, a sinistra una figura talmente ammalorata da non intuirne quasi più i tratti, ipotizzata come Rocco, che in coppia con il primo era considerato il protettore dalle epidemie in tempi passati. E il Castello di epidemie nel Quattrocento, datazione cui venne subito fatto risalire l’affresco, ne aveva vissute, e ne avrebbe attraversate, e purtroppo, anche successivamente.
Nelle prossime ore potrò raccontarvi qualcosa di più preciso, forse, sulle dinamiche del restauro, e sulle interpretazioni che si sedimenteranno sicuramente assieme ai lavori. Per quanto mi riguarda, un’ipotesi affascinante per il santo “nascosto” è quella che lo identifica con Materno, andando così a ritrovare la titolazione originaria della chiesa originaria del Castello, registrata dal Bussero; ma, anche, almeno per quanto mi riguarda, l’idea che possa trattarsi nientemeno che di Agostino.

Per ora mi sento di chiamare in causa coloro assieme alle quali avevo, dieci anni fa esatti, ribattezzato il dipinto “Madonna Dimenticata”, promettendo loro che non lo sarebbe più stata: le mie amiche Mariuccia e Valeria Caccia, le ultime castellane.

Sono mancate entrambe, in questi ultimi anni. Vissero il Castello, che dopo la peste manzoniana era stato convertito dapprima in convento provvisorio e successivamente in cascinale, sin da bambine, e di questa Madonna avevano sentito accennare in favole antiche che ormai ricordavano solo loro. Di fatto, la sorpresa della riscoperta per loro era stata una conferma di ciò che credevano aver conosciuto solo nella dimensione del sogno.

Questa è una foto cara che mi ritrae con Valeria e Mariuccia all’Oratorio del Lazzaretto, durante un Torneo Rosalba di dieci anni or sono.

Mariuccia da giovane. Per me, il volto della Madonna è il suo, mentre quello di Valeria è l’Angiola Bella. Ma di questa storia parleremo una prossima volta.

Grazie, Davide! La foto è uno scatto che ci siamo fatti al volo lo scorso febbraio. Diciamo che ho aspettato un po’ a pubblicarla :).

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