
Mentre fervono i lavori per il nuovo corso che presenteremo fra qualche settimana, ho ricevuto l’ok per pubblicare ancora qualcosa sulla versione blog della Voce. Mi fa piacere allora ricordarvi che oggi ricorrono i duecento anni dalla nascita del grande pittore livornese Giovanni Fattori (6 settembre 1825-30 agosto 1908), il cosiddetto genio dei Macchiaioli, uno dei massimi pittori dell’Italia risorgimentale.
Grande narratore della ruralità, sublime paesaggista ma anche ritrattista e intimista, schivo nell’opera come nella vita della modernità, ci ha lasciato opere iconiche e sospese, capaci di dialogare con il sentimento del tempo e della nostalgia. Ho avuto modo di ammirare molte sue opere esposte a Palazzo Pitti nel mio recente viaggio fiorentino, fra cui uno dei suoi celeberrimi Autoritratti.

“L’uomo nel bosco” di Giovanni Fattori, dettaglio
L’opera di cui vi voglio parlare oggi è “L’uomo nel bosco”, realizzata fra 1880 e 1885. Nella solitudine di un sentiero immerso nella natura autunnale un uomo vestito di scuro, protetto da un cappello a falda larga cammina, dando le spalle all’osservatore, immergendosi in un percorso di solitudine. I colori della selva non sono cupi ma accoglienti, caldi, in colloquio con la pensosità del personaggio che stranamente non possiede ombra propria, quasi fosse costituito di sola anima, come un novello Dante che attraversa la selva durante il rapimento del sogno: la genesi onirica, una delle ipotesi più affascinanti per l’interpretazione della Commedia, risalente ai suoi primissimi commentatori.
Ebbene, questa intertestualità dantesca presente a mio avviso in filigrana in Fattori non poteva non essere raccolta nei tempi più recenti da qualche collega. E voi direte: ma sì, lo abbiamo riconosciuto! E’ in effetti, sorpresa, è proprio il nostro Renato Guttuso dai boschi di Velate – opera purtroppo non più presente dal 2023 su suolo italiano in seguito ad una triste vicenda di messa all’asta – che si inserisce nel cammino universale tracciato dall’Alighieri e interpretato da Fattori nella tela dalle tinte mature, riprese a piene mani dal genio originario di Bagheria. L’uomo, questa volta, è vestito di chiaro, è ancora privo di ombra, le mani incrociate dietro la schiena sono nella medesima posizione. La selva è più avvolgente, incombente, quasi umanizzata: i tronchi del colore dell’abito indossato dal personaggio, che evidentemente è come se stesse uscendo dall’intrico di fronde. La selva, allegoria cristiana del peccato e dell’errore, immagine incipitaria di tanta letteratura dalla classicità al romanzo medievale passando appunto per Dante, Ariosto, Tasso, è arrivata sino a noi sedimentando toni psicologici, parlandoci di dramma interiore, di luoghi incagliati della psiche, di fatica di vivere, di zone depresse e ammutinate, disorientate, buie. Bene, in questa dimensione della narrativa più alta e universale si inseriscono l’uomo di Fattori e quello di Guttuso, il quale – grande estimatore di Dante al punto da aver illustrato una Commedia per i tipi della Mondadori nel 1957 – porta anche la nostra Varese nel grande cammino universale dell’uomo, che nei boschi di Velate si smarrisce, si dispera e però ne esce creando le sue più grandi tele introspettive e morali.

La targa di dedica del percorso nei giardini di Villa Mirabello, Varese, a Renato Guttuso.
Post scriptum. Sempre scusandomi per la scarsissima fruibilità delle pagine, avverto che quella di Guttuso sopra descritta non è l’unica interpretazione del bosco velatese e purtroppo nemmeno l’unica ad essere finita all’asta. Riusciremo mai a riportare a Varese in una esposizione veramente completa l’arte di questo grande? La speranza, come ci insegna l’uomo in cammino, è l’ultima a dover morire.

Autoritratto, Giovanni Fattori, Palazzo Pitti – Firenze
Una replica a “Nel mezzo del cammin di nostra vita: l’Uomo nel bosco di Guttuso in dialogo con Fattori”
Che analisi affascinante! Non avevo mai collegato l’Uomo nel bosco di Fattori a Dante in questo modo, ma il dettaglio dell’ombra mancante è illuminante. E il dialogo a distanza con Guttuso è potentissimo. Mi ha messo una gran tristezza leggere che il quadro di Guttuso non sia più in Italia, sarebbe stato bellissimo vederli un giorno esposti uno accanto all’altro. Grazie per queste riflessioni.
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