Buon compleanno, Maestro Parino!

Giuseppe Parini (1729/1799) ritratto nel 1753, nel fiore della gioventù, a 24 anni, ossia l’anno prima di farsi prete (per costrizione).

E’ risaputo il sacro culto che ho del Sommo Maestro Parini, avendolo intervistato (e nemmeno troppo fittiziamente) per qualche giornale in tempi passati… e non solo: avendolo inseguito in tempi proibitissimi – leggi covidiani – nei luoghi della sepoltura milanese che non più esiste, ove sorse il cimitero della Mojazza, oggi rimpiazzato da piazzale Famagosta, ma con la copia della lapide a ricordo all’interno di una proprietà privata.

in pseudo libera uscita a giugno 2020: si nota dallo sguardo allucinato…

In tempi decisamente migliori, in Brera, davanti alla vera lapide, traslata dopo la chiusura della Mojazza…

… e al monumento sempre sulla scalinata braidense speculare a quello del Beccaria.

Ma ecco la mia “compilation” di studi pariniani, dove non potevano certamente mancare il Giorno (1969) e le Odi (1975) per la curatela del suo più insigne studioso, il varesino Dante Isella (altro mio faro personale, tant’è vero che cerco di parlargli persino rispolverando le carte dei consigli comunali di sessant’anni or sono. Cfr Votiamo!, aprile 2025).

A me il Parini piace tutto, come si suol dire dalla testa ai piedi, che poverino si trascinava un po’ per via di un incidente occorsogli per le vie di Milano trafficate da carrozze invadenti e ben poco attente ai pedoni. Perciò mi scuserete se di lui riporto i versi forse più… fumini che ebbe mai a scrivere da ventenne, giacché poi col tempo mitigò “il carattere impetuoso: corresse la sua splendida bile, trasformandola nella socratica ironia, che mescolata coll’ingenuità, col garbo e col decoro non offende gli uomini, mentre li riprende gentilmente, con un contrasto di modi che li sorprendono” (Francesco Rejna, Vita di Giuseppe Parini).
Li riporto perché sto leggendo appunto le prime sue poesie date alle stampe a 23 anni attraverso uno pseudonimo, “Alcune poesie di Ripano Eupilino” (dove Ripano è anagramma di Parino, Eupilino aggettivo che si riferisce al nome latino del lago di Pusiano che gli diede i natali, Eupili) e mi piacciono molto e mi fanno tenerezza, a dispetto di quello che è sempre stato raccontato, e cioè che sono bazzeccole di poco conto. Pensate che aveva anche inserito ben tre egloge piscatorie, un genere figlio dell’egloga arcade, riferito però ad un’ambientazione lacustre o fluviale.
Questa quartina che vi riporto è tratta da uno dei numerosi sonetti (un’ottantina) della raccolta. La grafia, come potete immaginare, non è autografa del Parini… ma di una sua ammiratrice umilissima.

Per concludere, ma anche questo è risaputo, direi molto di più della mia insana passione per Lui, Parini amava molto Varese e più di un segno vistoso nella sua produzione poetica lo dimostra. In particolare, era grande amico della duchessa Paola Castiglioni Litta, alla quale aveva dedicato un paio d’odi, e forse quella sulla dignità della poesia (“La recita dei versi”, 1753) venne proprio, se non pensata, quantomeno composta durante un banchetto al Castello di Masnago, del quale ella era proprietaria. Dal momento che domani vi si terrà un banchetto prestigioso che raduna le Confraternite italiane sotto l’egida degli amici della Trattoria Maran, ideatori della Confraternita del Pesce Persico, vanto gastronomico locale, mi piace dedicare questo scritto idealmente a quel felice convivio, che rinnova fasti perduti in un luogo a me molto caro per diverse ragioni.

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