Benritrovata, Emiliana: a Palazzo Citterio un Boldini iconico dialoga con i Diamanti

Ieri pomeriggio sono stata finalmente a Milano a conoscere la Grande Brera.

Se ne è ampiamente parlato ovunque e devo ammettere che la fama che dallo scorso dicembre accompagna l’ampliamento della pinacoteca è del tutto meritata.

Modello del Collegio gesuitico di Brera con la facciata del Richini, 1651

Dal momento che il blog è in procinto di restauri1 non mi dilungherò troppo in argomentazioni generali e andrò subito al sodo. Di certo il piano superiore – consiglio di partire da qui – è per certi versi il più affascinante dal punto di vista dello storico e tutta la documentazione sulle varie epoche di Brera è assolutamente imperdibile: mi dicono che sia un allestimento temporaneo, quindi vale davvero la pena di correre a visitarlo prima che venga smantellato (il progetto della Grande Brera è in fieri).

Filippo De Pisis, Vaso di Fiori con bicchiere e libro, 1945

Al fruitore d’arte il piano inferiore della pinacoteca permanente si presenta come una miniera di tesori: per me fresca di visita alla Fondazione Rocca-Magnani, ritrovare due sale dedicate rispettivamente a De Pisis e Morandi è stato come tornare a salutare dopo pochi giorni due amici ormai cari (e infatti in libreria poi mi sono comperata un buon saggio del mio nuovo idolo, Luigi Magnani). A due Modigliani enigmatici seguono, fra gli altri, stupendi, i dipinti di Carrà, autore che mi riprometto di studiare meglio, i paesaggi industriali di Sironi e i due autoritratti di Boccioni realizzati nel 1908 (sicuramente il primo) nel suo studio milanese di via Adige (di lui invece sono infatuata da tempo!) unitamente alla sua Fuga in Galleria: non me ne sarei più voluta staccare. Difatti, scherzando con la custode della sala, le ho proposto di cedermi sedia e lavoro…

Umberto Boccioni, Autoritratto 1, 1908
Umberto Boccioni, Autoritratto 2 (sul retro di Autoritratto 1: forse precedente al 1908)

Cose da migliorare: sicuramente la collocazione dell’inquietante Testa di Toro di Picasso, forse poco intercettabile in una sala meno coinvolgente di altre; le didascalie delle opere, a cui accluderei un QR code di spiegazione; il percorso a volte non di immediata intuizione fra innumerevoli stanze, ma ovviamente è solo una mia opinione di habituée al rigore direzionale nei musei, dato che per natura sono dispersiva e tendo a perdermi allegramente senza un orientamento stabilito a priori. (Di certo, perdersi in un museo come Brera è qualcosa di molto affascinante!)

Van Gogh, l’Arlesiana

E poi viene il piatto forte dell’esposizione. L’opera ospite, in questi giorni l’Arlesiana di Van Gogh, è collocata nella sala principale alla sinistra (per chi guarda) della stupefacente Fiumana di Pellizza da Volpedo, che non ha certo bisogno di presentazioni.

Mi è piaciuto sostarle di fronte per qualche minuto, meditando sulle ragioni del costituendo Famedio varesino che schiererà “gl’Illustri Campioni” della storia (ieri mattina ho seguito con passione il consiglio comunale dedicato in streaming) mentre la storia letteraria di noi Italiani si regge sulle ragioni manzoniane di “genti meccaniche, e di piccol affare”: di fatto, fra le due materie – storia e poesia – ho scelto la seconda, così posso concedermi il lusso di salvare la voce di chi non ne ha e non avrebbe avuta forse mai, proprio come aveva fatto Pellizza nelle intenzioni di questo quadro.

Giovanni Boldini, Ritratto di Emiliana Concha de Ossa, 1888, donato dalla signora Emilia Cardona vedova Boldini nel 1933/34 alla pinacoteca di Brera

Pellizza è un altro autore che spero di reincontrare presto, prossimamente, magari negli ultimi giorni dell’esposizione novarese (altro bellissimo dipinto esposto nella medesima sala di Fiumana, di dimensioni notevolmente minori, è Prato Fiorito). Di certo giovedì sarò ai Diamanti, dove questo fine settimana ha debuttato l’attesissimo duetto Mucha-Boldini. E per prepararmi convenientemente al convegno ho voluto farmi ricevere preventivamente da Emiliana, ricorderete, una “vecchia amica” della Voce, che incantevole nel suo Pastello Bianco (la tecnica di pittura su tela) è stata scelta come testimonial di un altro debutto, proprio quello della Grande Brera. Ora, non si tratta dello stesso quadro esposto a Barasso lo scorso ottobre ma della sua copia identica che Boldini fece per avere sempre con sé la signorina Concha, figlia di un diplomatico cileno, di cui si era innamorato: cosicché, per disposizione testamentaria, questo dipinto arrivò a Brera e l’altro, appartenente alla collezione privata legata alla famiglia della splendida modella, è divenuto ospite itinerante di numerose esposizioni, fra cui appunto quella della tappa “varesina” di Villa San Martino, grazie – va detto – alla felice intuizione del sindaco Lorenzo di Renzo che ne aveva presagito il potenziale immediato futuro.

Ai Diamanti credo mi attenderà la sorpresa del terzo dipinto in dialogo coi primi due: la Signora in nero che osserva Emiliana. Non vedo l’ora di vederlo. So solo che lo sguardo dolcissimo della giovane ritratta mi ha ringraziato commosso della visita: ho pianto lacrime di amicizia parlandole oltre il tempo. Così dovrebbe sempre essere l’arte: liberatoria e consolatrice. In una parola: amicale.

Note.

  1. Restyling, mi direte: ma sapete che amo poco gli anglicismi inutili! In ogni caso sta per essere spedito dritto filato ad un webmaster che, si spera, sistemerà i non pochi problemi di fruizione e magari darà anche un aspetto più gentile e organizzato alle pagine. ↩︎

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