
Ieri mattina sono stata in Municipio. Non mi ero annunciata: sono sbucata all’improvviso dalla scalinata ducale, incontrando alcuni amici che non vedevo da tempo: ed è sempre bello ritrovare sia il Pin, il simbolo del nostro Carnevale Bosino, sia Francesca Strazzi, che mi fu compagna di lotte e ragionamenti sui quartieri ormai troppi anni fa, e poi anche Stefania Radman, la collega adorata di Varesenews (secondo me la migliore giornalista che abbiamo oggi in città, versatile, preparata e umana).

Sono sbucata dal nulla come le prime viole, che infatti mi aspettavano a villa Mirabello.
Lavorerò, anzi sto già lavorando per il nuovo giornale del Cavedio, una testata intrigante a cadenza periodica che risponde al nome di “Votiamo!” e che con l’originale approccio alle inchieste tramite sondaggi popolari, intende porsi dalla parte del cittadino.

Mi avevano chiamata già dal primo numero di novembre, ma per varie ragioni non mi sentivo pronta per tornare in pista su Varese. E invece il giorno della fiera di Sant’Antonio, avviandomi verso il lancio dei palloncini alla Motta, sono rimasta folgorata da un incrocio di segni: il loro giornale in versione cartacea esposto sulle vetrine della nuova sede di via Carrobbio, dove ebbe prima sede anche la mia compianta Provincia; i palloncini di Angelo Monti, che avevo lasciato come ultimo articolo firmato il 30 di dicembre sul mio vecchio quotidiano; infine la Motta, il luogo dove aveva preso avvio la storia della mia dolce Mazzacana, la voce perduta della Varese Risorgimentale di cui ho scritto sul Calandari di quest’anno.


Detto fatto, ho avvisato gli amici del Cavedio che mi sentivo pronta e li avrei aiutati: e così mi sono presa in carico alcune inchieste, fra cui in particolare una che avrà un cappello storico doveroso, perché io nasco come cronista ma poi mi affino nell’indagine storica, come sanno bene i lettori della Voce.

La nascita di un giornale è sempre un evento storico, del resto; e quando un giornale nasce in una città come la Varese odierna (e di storia giornalistica ne abbiamo avuta parecchia, e invidiabile), assume addirittura i connotati del miracolo gentile.
Come il rinascere di una viola dai semi di un lungo, faticoso inverno. E io non potevo certo sottrarmi all’idea di stare dalla parte delle viole.

Post scriptum. Questo articolo è dedicato ad un caro amico… che non l’ha presa molto bene, forse perché il Cavedio sta invadendo Varese con le affissioni di Portale Corsi, leader nel settore, e che rammentano all’utenza la storia gloriosa dell’associazione che per tanti anni ebbe l’ufficialità municipale. Però gli vorrei ricordare con un sorriso che l’etichetta di Voce di Varese me l’aveva data lui: quindi prima o poi dovrà farsene una ragione. Allo stesso modo, lo dedico a colui che, sono certa, da lassù caldeggia il sodalizio: il mio caro Maniglio Botti, giornalista illustre, penna raffinata, indimenticabile cronista d’inchieste di attualità e anche di storia al cui colloquio oltre spazio e tempo mi affido nel nuovo cammino. Non sarà impresa facile ma ce la faremo: per aspera ad astra, come ben sai tu che hai guidato una firma siderale spesso, machiavellicamente, nel loto e nel fango).

