Felicità è un segno dantesco inaspettato. Anzi, una rete di segni.

Questa mattina ero impegnata in archivio. Sapendo che il libro mi sarebbe arrivato in un orario per me scomodo, e che se non fossi stata in casa sarebbe stato portato ad un punto di ritiro un po’ scomodo, ho appeso al portone d’ingresso un cartello pietoso per il corriere e ho chiesto la gentilezza ai vicini di ritirarlo per me; e così, quando sono rientrata dal lavoro, ho trovato con grande sollievo il pacco posato accanto alla porta di casa.
D’altra parte avevamo concordato assieme alle Edizioni del Galluzzo, via mail, lo scorso venerdì la data della spedizione; avrei potuto cambiarla secondo gli impegni ma mi sentivo che non si sarebbe dovuto fare; soprattutto, ero ad un corso di aggiornamento professionale all’auditorium San Paolo a Milano e avevo dovuto cedere alla rapidità delle comunicazioni, senza poter pensare troppo ai miei effettivi impegni e alle possibilità pragmatiche del ritiro.

Tutto questo per dire che felicità e commozione si sono legate alla scoperta che proprio ieri, il 17 febbraio, il giorno in cui il libro si metteva in viaggio, era anche l’anniversario della morte di Domenico De Robertis, il grande allievo di Contini, superatore del Maestro. Questo commento cui aveva atteso per quasi mezzo secolo era stato la sua ragione di vita e, appunto, il suo personale Virgilio Ambrosiano dove reclinava il capo congedandosi da questo mondo.
Quattordici anni fa, come ieri, appunto.
E quattordici, si sa, è numero fortemente dantesco.
Grazie. Infinitamente.

Lascia un commento