Auguri, Anna Maria!

A Varese si tende talvolta a dimenticare persone che hanno voluto un gran bene a questa città un po’ ingrata, facendo loro gran torto.

Forse solo gli amici della Varese Nascosta ultimamente hanno ricordato spesso la penna appassionata di Anna Maria Gandini, che, nonostante avesse fatto carriera ben oltre la Città Giardino, scrivendo per il Corriere e prestando la propria voce al Gazzettino Padano, era sempre rimasta legatissima alla città dove era nata nel 1931, proprio il 17 di gennaio, nel giorno della festa più bella: Sant’Antonio.

Sua abitudine interrotta unicamente dagli anni della malattia e del ricovero, gli ultimi di una vita intensa (e puntellata di sacrifici per crescere da sola l’unico figlio, giornalista come lei e come il nonno, mi raccontava il mio amico caro Maniglio Botti) era, il giorno di Sant’Antonio, accendere una candela votiva nella chiesa dedicata alla Motta. “Sono nata proprio quel giorno. Più varesina di così!” appuntava orgogliosamente in un articolo del 1996, raccolto nel bel libro di memorie “La mia Varese”, edito da Nicolini. Anna Maria umilmente definiva altri esperti di tradizioni locali, ma questo suo lavoro, è davvero una “preziosissima opera, così efficace contro l’oblio della Varese che sfugge”, come ebbe a commentare il curatore Alfredo Ambrosetti.
Anna Maria, la prima vera maestra varesina della cronaca della memoria, assegnatale d’ufficio nel 1992 in una rubrica dal quotidiano locale dove aveva militato decenni, la cronaca l’aveva nel sangue e ci teneva a rimarcarlo: “Sono tanti anni che ascolto e vedo; per una vita ho raccolto notizie, dato notizie”. Così si apre “La mia Varese”, che rende giustizia in un libro magistrale di quest’atto generoso del raccogliere storie legate ai suoi luoghi cari ed alle genti. Lei, che era veramente una maestra di scrittura e non solo, diplomata al Manzoni quand’ancora sorgeva in via Sacco, proprio di fronte alla sua casa come amava ricordare, non si era mai montata la testa, non si considerava scrittrice nonostante la formidabile palestra scrittoria ed intellettuale alle spalle. Per nostra fortuna, invece, qualcuno pensò a convincerla del contrario; così, anche se in età, Anna Maria ci ha regalato alcuni libri preziosissimi, frutto dell’assemblaggio dei pezzi sparsi della sua anima fieramente bosina.
Uno di questi è proprio “La mia Varese”, corredato di molte deliziose miniature che aveva affidato al cugino Mario Alioli.

(Dedicato alla mia amica carissima Rita Paolocci, che fu moglie di Mario Alioli, con la quale avrei dovuto andare a trovare Anna Maria il 17 di gennaio del 2020. Visita che preferimmo rimandare, perché ero reduce da una pesante influenza, e avevo timore di poter essere ancora infettiva, e pericolosa per la salute già provata di una persona anziana per giunta in casa di riposo: sappiamo tutti poi purtroppo come evolvette quel terribile 2020 di lì a poco, e il mio desiderio rimase incompiuto, giacché Anna Maria si sarebbe spenta il giorno di Santo Stefano del primo anno covidiano, né io ebbi più per le famigerate chiusure possibilità di conoscerla, e di portarle notizie da quella festa che tanto amava e a cui non poteva più presenziare. Avrei voluto dirle tante cose, raccoglierne tante di lei. Mi rimangono la dolcezza di sapere che le ero stata annunciata, e che avrebbe avuto piacere della mia visita, e un colloquio avviato nel cuore con un’anima affine cui mi appello, intimamente, spesso, nei momenti difficili ma anche in quelli gioiosi).

Una delle preziose incisioni contenute nel libro, realizzate da Mario Alioli: l’omaggio al Gruppo Folkloristico Bosino.


Post scriptum: oggi alla Motta ho acceso una candela anche per te.

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