Buona, Santa Immacolata con Magatti e il Nuvolone.

Nessuna descrizione della foto disponibile.

Andando per città e musei l’iconografia dell’Immacolata Concezione – dogma proclamato de facto nel 1854 ma tema molto vivo nell’immaginario collettivo e nelle dispute teologiche da secoli – mi è particolarmente familiare. Devo ammettere però che alcune raffigurazioni mi sono più care, perché legate a Varese e personaggi della mia intimità, di penna o domestica (diciamo pure della mia particolare… famiglia numerosa e pure allargata).

La prima è il dipinto conservato a Villa Litta, già Menafoglio, oggi più nota come Villa Panza, a Biumo Superiore: è un’Immacolata dolcissima, lunare direi, nei toni freddi del tenebrismo tipici del suo autore, Pietr’Antonio Magatti (Varese, 1691- Varese 1767), al quale il soggetto doveva esser particolarmente nelle corde, dal momento che ne dipinse altre due sempre in Varese (purtroppo per noi perdute, a meno di sperare nel miracolo come è avvenuto per l’Ultima Cena ritrovata nell’antico refettorio) nel convento dell’Annunciata, un’altra per il convento delle benedettine di Santa Margherita, attualmente custodita nella chiesa di san Carlo a Gorla Maggiore1 e l’ultima, nel 1738, nel convento delle Colombine a Pavia2. Essendo attivo verso il 1725 il Magatti in san Giorgio a Biumo Superiore, potremmo riferire anche l’Immacolata biumensina a questo periodo, quindi festeggiare con lei in queste pagine i suoi primi tre secoli.3
Questo dipinto si lega in particolare ad una Duchessa che mi chiamò gentilmente ed inaspettatamente l’anno passato – proprio in occasione del bicentenario dalla sua nascita – dagli archivi varesini e che ogni mattina, al risveglio di una vita segnata da pesanti lutti e tanta solitudine, colloquiava dolcemente con questa Vergine, affidando le sue giornate a quel dolce sguardo. Di Alina Prior (1823-1901), moglie e presto vedova (nel 1866) di Antonio Litta, non sono ancora riuscita a trovare il volto: così mi piace pensarla rispecchiata in tutte le figure femminili dei dipinti che le appartennero. La immagino proprio così, castana, dagli occhi grandi e malinconici, giovanissima quando incontra il suo futuro sposo, forse nello studio di un pittore per cui posava nella natia Ginevra. Chissà.
Questa Immacolata si trovava in origine nella cappelletta votiva affiancata alla stanza da letto dei coniugi Litta. Quando il conte Panza rimaneggiò l’edificio, la cappelletta fu adibita a stanza da bagno padronale, e il ritratto della Vergine spostato in anticamera. Come si può notare, pur nel trasloco la Madonnina dal volto di fanciulla locale serba il suo fascino discreto ed è perfettamente intonata al nuovo ambiente che le rende omaggio, in situazione luminosa e serena.

Mi piace accostare questa prima raffigurazione dell’Immacolata (che mi è vicina non solo nel cuore ma anche spazialmente), in dialogo e contrasto singolari giacché la posa è la medesima, a quella sortita dalla mano radiosa di Carlo Francesco Nuvolone4 (1609-1662), appartenuta alla collezione del nobile milanese Camillo Tanzi, poi donata alle collezioni milanesi nel 1881. Si tratta dello stesso artista convocato a metà del XVII secolo ad affrescare la III e la V cappella del viale del Sacro Monte di Varese: con queste sembianze è probabile avesse dipinto la Vergine della Fuga in Egitto, poi recuperata dal Poloni, infine definitivamente oscurata da Guttuso. In questo caso la suggestione è personale, giacché la memoria del mio nonno paterno, pittore di Madonne discepolo del Poloni, nativo di Pagazzano nella bassa bergamasca, riposa (essendo lui disperso in Russia) al cimitero di Velate, sotto la carezza del suo Maestro e del volto di Madonna che lui per ultimo vide, e che ora possono mirare entrambi.

(Dedicato a mio padre).

  1. Vedi la voce Magatti, Pietro Antonio a firma Valerio Da Gai dal Dizionario Biografico della Treccani. ↩︎
  2. Oggi in Santa Maria delle Grazie o di Santa Teresa. ↩︎
  3. O forse pensarla legata al periodo della piena maturità, secondo uno studio di Silvano Colombo (1981) che riferisce al 1755 circa il medaglione affrescato sulla volta del salone d’onore della medesima villa, allora di proprietà della famiglia Menafoglio, che proprio in quegli anni ospitava il duca Francesco III, giunto a Varese in visita dall’amico per la prima volta. ↩︎
  4. Vedi la voce NUVOLONE, Carlo Francesco – Enciclopedia – Treccani di F. Frangi. ↩︎

Lascia un commento