A Dio, don Enrico

Cercando una fotografia che potesse rendere giustizia all’animo gentile e fanciullesco di don Enrico de Capitani, scomparso oggi, ho scelto questa, risalente al 4 febbraio 2016, giorno in cui riprese vita la storica processione da San Vittore a Bosto risalente – secondo gli studi di Renzo Talamona – al 1417. Don Enrico applaude coi ragazzini del Bosto Calcio che avevano aperto il corteo.

C’ero anch’io, e all’epoca aiutavo gli olivicoltori di Bosto (il cui presidente era all’epoca Enrico Marocchi, in foto a destra) con l’ufficio stampa nell’organizzazione della settimana dell’olio di sant’Imerio. Don Enrico mi aveva presa in simpatia. Era un uomo colto, dall’oratoria semplice e raffinata ad un tempo, agostiniana direi – aveva ricoperto in diversi seminari la cattedra di filosofia – , e aveva capito che amavo occuparmi di storia locale ma più ancora amavo scrivere le storie e andavo cercando spesso con grande sofferenza la formula più conveniente per la mia scrittura. Risale proprio a quel tempo l’inizio della mia amicizia con Renzo, che ho eletto a magister e guida personale negli studi umanistici ripresi e nelle indagini d’archivio. Devo a don Enrico la benedizione di questa mia strada di umile pellegrina della cultura sulle orme di Imerio, santo cui sono molto devota proprio per il suo essere romeo, pellegrino appunto, alla ricerca della meta, o forse alla ricerca perenne del suo doppio, Gemolo, il compagno di viaggio da cui era stato diviso da un agguato di ladroni, poco prima di portarsi a Bosto a morire. In fondo la vita è sempre un viaggio alla ricerca di sé stessi, così come lo sono la letteratura e l’indagine storica.

Ci tengo a concludere questo breve ricordo di don Enrico con due considerazioni per me importanti. La prima è personale: il ragazzino moro e riccioluto a destra nella foto, con le scarpine gialle, è il mio terzo figlio, Stefano, che grazie a questa luminosa congiuntura oggi frequenta con passione la facoltà di Storia alla Statale di Milano.
La seconda è un ricordo di don Enrico che ho chiesto al professor Talamona. Eccolo.
«Ho avuto modo di conoscerlo e di intrattenermi poi spesso ed a lungo con lui, grazie ad alcuni dei suoi ottimi collaboratori. Chiamato ad offrire un contributo di ricerca, mi sono trovato a vivere con lui nella comunità di Bosto un’esperienza di vita religiosa ed umana di grande intensità: animatore entusiasta era sempre Don Enrico, che si era identificato con la comunità che gli era stata affidata. Lo trovai giovanilmente innamorato delle tradizioni e del passato di Bosto, tanto da averne studiato la storia ed espresso il desiderio di riprenderne ed approfondirne molti aspetti. Grande figura di pastore, dalla grande anima, per il quale non mi resta che rivolgere al Signore una preghiera.
Per lui un grande affetto ed una stima illimitata. Quando lo frequentavi, sentivi in lui uno spirito superiore».


P.s. Ecco la notizia apparsa sulla pagina ufficiale della Diocesi, con una scheda personale di don Enrico, che di secondo nome faceva Fortunato e compiva gli anni il 29 gennaio, a ridosso della festa di sant’Imerio, come amava ricordare. Nato a Monza nel 1937, ordinato sacerdote nel ’61, prima di approdare a Bosto nel 2013 nella parrocchia di San Michele Arcangelo aveva già vissuto a Varese quarant’anni prima in qualità di Professore del Seminario di Masnago, dal ’61 al ’63. Dal 2021 era tornato a risiedere alla parrocchia legnanese del SS. Redentore di Legnanello che aveva guidato per dieci anni, dal 1986. Qui, lunedì 14, alle 10.30, si svolgeranno i suoi funerali.

Dr. Don Enrico Fortunato De Capitani – Chiesa di Milano




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